Sentenza n. 110 del 1964
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 110

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti), promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1963 dal Tribunale di Cuneo nel procedimento civile vertente tra il Consorzio irriguo Canale Naviglio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 9 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 47 del 22 febbraio 1964.

Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e l'atto di costituzione in giudizio dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1964 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

uditi l'avv. Guido Nardone, per l'I.N.P.S., e il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Avverso il decreto 16 luglio 1962 del Presidente del Tribunale di Cuneo, che ha ingiunto al Consorzio irriguo Canale Naviglio di Bra il pagamento della somma di lire 863.592 oltre interessi e spese per vari contributi assicurativi, che l'Istituto nazionale della previdenza sociale assumeva dovuti per l'assicurazione del segretario del Consorzio, geometra Celso Remondino, il Consorzio ha proposto opposizione sostenendo che, alla data del luglio 1962, in cui esso é stato costituito, il Remondino aveva di già superato l'età massima dell'obbligo assicurativo, fissata dalla legge ai 60 anni per l'uomo e 55 per la donna (artt. 3 del R. D. L. 14 aprile 1939, n. 636, e 5 della legge 4 aprile 1952, n. 218).

Avendo l'I.N.P.S. invocato l'applicazione della disposizione dell'art. 1 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, secondo la quale le persone soggette alle assicurazioni obbligatorie per la invalidità e la vecchiaia debbono essere assicurate anche se continuano od iniziano l'attività retribuita alle dipendenze altrui dopo il compimento del 60 anno di età se uomini e del 55 se donne, il Consorzio ha sollevato l'eccezione di illegittimità costituzionale di tale norma, denunziando l'eccesso dai limiti della legge di delegazione 4 aprile 1952, n. 218, la quale, all'art. 5, prevede il venir meno dell'obbligo assicurativo per il compimento della età suindicata.

Il Tribunale di Cuneo, con ordinanza del 21 novembre 1963, ritenuta la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere, ha disposto la sospensione del processo e la trasmissione degli atti a questa Corte.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 47 del 22 febbraio 1964.

Nel presente giudizio si é costituito l'Istituto nazionale della previdenza sociale. É altresì intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Questa premesso che il problema posto dal Tribunale di Cuneo si risolve nell'accertamento della conformità o meno delle norme contenute nell'art. 1 del D.P.R. n. 818 del 1957 ai principi ed ai criteri direttivi cui si informa la legge n. 218 del 4 aprile 1952 osserva che il Tribunale ha erroneamente tenuto presente soltanto l'art. 5 di tale legge, senza prendere in alcuna considerazione l'art. 27 della stessa, univocamente risolutivo in senso opposto. Orbene, l'art. 5, il cui oggetto é la disciplina della cosiddetta prosecuzione volontaria dell'assicurazione, contiene un richiamo soltanto incidentale alla ipotesi del venir meno dell'obbligo assicurativo per il compimento dell'età pensionabile. Invece, l'art. 27, con una norma chiara e puntuale ha stabilito che "l'obbligo del versamento dei contributi dovuti per le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie, non cessa qualora il lavoratore, in età superiore ai 55 anni se donna, e 60 anni se uomo, presti attività retribuita alle dipendenze altrui. Indubbiamente - continua l'Avvocatura - vi é un difetto di coordinamento tra l'art. 5 e l'art. 27 della legge n. 218 del 1952, ma é altrettanto indubbio che, tra l'affermazione incidentale contenuta nel primo e la prescrizione chiara e precisa del secondo, é questa che deve avere la prevalenza. Si tratta di una norma che regola ex professo la materia sicché ad essa doveva attenersi l'organo delegato alla emanazione di norme di attuazione, transitorie e di coordinamento.

L'Istituto nazionale della previdenza sociale, nelle deduzioni ritualmente depositate in cancelleria, lamenta anch'esso che il Tribunale abbia preso in considerazione soltanto l'art. 5 e non anche l'art. 27 della legge n. 218 del 1952. I due articoli non sono coordinati, ma, appunto per siffatto difetto, il legislatore delegato ha usato dei suoi poteri di coordinamento demandatigli con l'art. 37 della legge. Per giustificare la scelta fatta nell'esercizio di tali poteri, basta considerare che l'art. 5 riguarda la prosecuzione volontaria dell'assicurazione, mentre l'art. 27 contiene una disposizione di carattere generale connessa con altre norme come quella dell'art. 12, dalle quali si evince che il legislatore ha inteso regolare la condizione previdenziale del lavoratore pensionato od anziano, che si rioccupi, riaffermandone l'obbligo contributivo.

 

Considerato in diritto

 

Il Tribunale di Cuneo ritiene che l'art. 1 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 - prescrivendo che "le persone soggette alle assicurazioni obbligatorie per la invalidità, la vecchiaia e i superstiti, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria debbono essere assicurate anche se continuano o iniziano l'attività retribuita alle dipendenze altrui dopo il compimento del 60 anno di età se uomini e del 55 se donne" - abbia ecceduto dai limiti della delega di cui all'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218. E ciò perché questa stessa legge prevede all'art. 5 il venir meno dell'obbligo assicurativo al compimento dei 60 e 55 anni di età, onde il Governo, delegato ad emanare soltanto disposizioni transitorie, di attuazione e di coordinamento, non poteva dettare una norma in netto contrasto con un'altra della stessa legge delegante.

La Corte osserva che il Tribunale non ha preso in esame l'intero contesto della legge 4 aprile 1952, n. 218, né ha tenuto alcun conto della evoluzione legislativa in materia di assicurazioni sociali. Ed infatti, nel tempo in cui vigeva l'art. 3 del R. D. L. 14 aprile 1939, n. 636, l'obbligo assicurativo delle persone che prestavano attività lavorativa alle dipendenze altrui aveva inizio alla età di 14 anni del lavoratore e termine al compimento dei 60 o 55 anni di età a seconda che si trattasse di uomini o di donne. Ma col riordinamento delle pensioni della previdenza sociale dell'anno 1952, il legislatore ha stabilito un principio diverso: rimanendo ferma l'età dei 60 o 55 anni del lavoratore o della lavoratrice per acquistare il diritto alla pensione della previdenza sociale, i lavoratori i quali, pur avendo superato tale età, prestino attività lavorativa retribuita alle dipendenze altrui sono sempre assoggettati all'obbligo assicurativo od al pagamento dei contributi previdenziali. Il che vuol dire che l'obbligo della assicurazione é inerente alla prestazione della attività lavorativa ed alla relativa retribuzione, e sussiste indipendentemente dal raggiungimento di ogni limite di età del lavoratore.

L'art. 27 della legge n. 218 del 1952 dispone che il detto obbligo assicurativo "non cessa", al compimento della età pensionabile, usando questo termine in relazione alle precedenti norme della legge del 1939 che fissavano una età di cessazione di tale obbligo.

Questa considerazione vale ad eliminare ogni dubbio interpretativo sulla sussistenza del ripetuto obbligo per tutti i lavoratori che si trovino nelle suindicate condizioni, tanto nel caso in cui continuino a lavorare, quanto nel caso in cui "inizino" la attività dopo il compimento degli anni sopraindicati.

É opportuno rilevare ancora che la norma dell'art. 27 é coordinata con quella dell'art. 12, la quale prevede, per i pensionati della previdenza sociale che lavorino alle dipendenze altrui, una trattenuta sulla retribuzione, da versare all'I.N.P.S.; ed é anche coordinata con le altre norme che prevedono la concessione di uno o più supplementi di pensione, il cui presupposto giuridico ed economico é appunto il versamento obbligatorio dei contributi assicurativi effettuato dopo il compimento della età pensionabile.

Avendo il legislatore delegato ribadito uno dei principi fondamentali in merito ai lavoratori i quali prestino attività lavorativa retribuita dopo superata l'età pensionabile, non sussiste alcun vizio di legittimità per eccesso di delega.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti), sollevata dal Tribunale di Cuneo con ordinanza del 21 novembre 1963, in relazione agli artt. 5 e 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, ed in riferimento agli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1964.

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 11 dicembre 1964.